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Dispense


Stato Solido

Capitoli:

  1. Proprietà generali dei solidi
  2. La struttura periodica
  3. Il reticolo reciproco
  4. Diffrazione
  5. Gli elettroni nei cristalli
  6. Metalli?
  7. Semiconduttori?
  8. Dinamica reticolare?
  9. Proprietà termiche dei cristalli?
  10. Proprietà ottiche?
  11. Proprietà magnetiche?
  12. Superconduttività?

Appendici

  1. Matematica?
  2. Elettromagnetismo?
  3. Meccanica quantistica?

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< Densità degli stati | Indice | L'elettrone quasi libero >


Nei paragrafi precedenti abbiamo compiuto alcune semplificazioni drastiche: abbiamo trascurato le interazioni elettrone-elettrone e abbiamo utilizzato potenziali ad-hoc (supponendo addirittura {${\cal V}$}=costante, nell'ultimo caso trattato). Discuteremo la prima questione più avanti, quando affronteremo |lo schermo degli elettroni, mentre ora indicheremo a grandi linee alcune vie seguite per porre rimedio alla seconda.

Per cominciare notiamo che, nell'esempio di un legame forte in onda {$s$} i livelli atomici non sono degeneri (a parte la degenerazione dello spin, che non ha effetto perchè si sono trascurate anche le interazioni che coinvolgono questo grado di libertà); viceversa se volessimo trattare bande originate da livelli {$p, d, \cdots$} non potremmo più trascurarne la degenerazione, {$g$}.

Inoltre la larghezza di banda può essere sufficiente ad avvicinare {$\varepsilon_{n\mbox{\it\bf k}}$} ad altri livelli atomici, {$\varepsilon^a_{m}$}. Ci si può aspettare quindi che la perturbazione all'ordine zero non sia più sufficiente per calcolare la funzione d'onda di Bloch {$\psi_{n \mbox{\it\bf k}}$} dell'equazione 29 perchè non si possono trascurare i mescolamenti tra i {$g$} livelli degeneri e quelli con il livello {$\varepsilon^a_m$} vicino, anch'esso eventualmente degenere (tipicamente questo avviene trattando bande originate da orbitali {$np$}, che si mescolano con quelle derivate dagli orbitali {$ns$}). Basta allora ripercorrere la derivazione che abbiamo descritto sostituendo alle funzioni atomiche {$\psi^a_n$} delle opportune sovrapposizioni di più funzioni atomiche; costruendo l'onda di Bloch a partire dalla opportuna combinazione lineare si giunge a scrivere, al posto della singola equazione 32, un sistema di equazioni lineari.

L'approccio del legame forte costituisce solo un primo passo verso la determinazione della struttura a bande dei solidi, nel quale, per ora, non abbiamo imposto autoconsistenza tra il potenziale periodico utilizzato e le funzioni d'onda che ne derivano.

Il problema si può sintetizzare nel seguente modo: l'approssimazione di Hartree-Fock riduce il potenziale vero del solido, a molti corpi, ad un potenziale efficace, che include l'effetto medio su di un elettrone di tutti gli altri elettroni del solido. Ma l'applicazione pratica del metodo di Hartree-Fock richiede di conoscere già le autofunzioni, per poter scrivere il potenziale con cui costruirle. Non è quindi analiticamente chiuso, e infatti viene affrontato in modo iterativo.

Esaminiamo un po' più nel dettaglio gli stadi successivi del calcolo. Una strategia pratica consiste nel generare con qualche procedimento euristico un potenziale a singola particella {${\cal V}$} da utilizzare come funzione di partenza nel processo iterativo: si cercano le autofunzioni relative a {${\cal V}$}, con esse si calcola il potenziale di Hartree (ed eventualmente quello di scambio) e si riparte da capo, sperando che il procedimento converga verso potenziali ed autofunzioni consistenti. Ci sono diversi metodi che forniscono approssimazioni intermedie tra i casi limite del legame forte e dell'elettrone libero per la funzione {${\cal V}$} iniziale.

In genere si sceglie un potenziale di partenza, {${\cal V}(\mbox{\it\bf r})$}, noto analiticamente, ma non è detto che se ne conoscano analiticamente le autofunzioni relative. Se si segue il normale approccio perturbativo si scelgono delle funzioni d'onda, sperando che non siano troppo lontane dagli autostati cercati - e anche in questa seconda scelta, come in quella di {${\cal V}$}, occorre farsi guidare dall'intuizione fisica; esse generano le proprie correzioni al primo ordine e, volendo, ad ordini superiori. Questo è il caso di alcuni schemi di calcolo - tra i quali citiamo le Onde Piane Ortogonalizzate (OPW, per Orthogonalized Plane Waves) - basati su particolari scelte delle funzioni di partenza: le OPW, ad esempio, sono combinazioni di onde piane a cui si sottrae una combinazione delle funzioni di Bloch corrispondenti ai livelli più interni, in modo da renderle mutuamente ortogonali (si veda l'equazione 39). Sono adatte a descrivere elettroni di conduzione in metalli semplici.

Spesso ci si accontenta di trovare la soluzione della seconda parte del problema, senza imporre l'autoconsistenza, come del resto abbiamo fatto con il legame forte. La caratteristica essenziale dei modelli di potenziale deve essere quella di riprodurre la struttura periodica, visto che lo scheletro della struttura a bande deriva dalle simmetrie di traslazione del reticolo. Un esempio di questo genere è il cosiddetto potenziale a teglia da biscotti (o muffin-tin}, che deve il suo nome alla somiglianza con l'attrezzo da pasticceria, un vassoio con una disposizione regolare di incavi), uguale al potenziale atomico in una sfera centrata nella cella di Wigner-Seitz, ma nullo nella restante crosta esterna.

Il potenziale muffin-tin è un modello abbastanza rozzo, ma costituisce un possibile punto di partenza per procedimenti iterativi.

Merita una breve discussione una riformulazione del metodo OPW nota col nome di metodo dello pseudopotenziale, con la quale si giustifica l'uso di potenziali deboli per ricavare gli stati delle bande di valenza nei metalli, anche se, spesso, il vero potenziale autoconsistente non è affatto trascurabile, in particolare nelle immediate vicinanze degli ioni.

Supponiamo che l'autofunzione di valenza {$\psi_{\mbox{\it\bf k}}^v(\mbox{\it\bf r})$} approssimi la funzione d'onda dell'elettrone libero, {$e^{i\mbox{\it\bf k}\cdot\mbox{\it\bf r}}$}, almeno al di fuori dei noccioli ionici; la prescrizione del metodo OPW consiste nel modificare l'onda piana in modo da renderla ortogonale alle autofunzioni {$\psi_{\mbox{\it\bf k} n}(\mbox{\it\bf r})$} delle bande interne (già ortogonali fra di loro), scrivendo

{$ (39)\qquad \qquad \psi^v_{\mbox{\it\bf k}}(\mbox{\it\bf r}) = e^{i\mbox{\it\bf k}\cdot\mbox{\it\bf r}}-\sum_n \langle\psi_{\mbox{\it\bf k} n}|\mbox{\it\bf k}\rangle \psi_{\mbox{\it\bf k} n}(\mbox{\it\bf r}) \equiv e^{i\mbox{\it\bf k}\cdot\mbox{\it\bf r}}-\sum_n a^v_n \psi_{\mbox{\it\bf k} n}(\mbox{\it\bf r}) .$}

(↓)

Note

[1] In realtà per ottenere la generica OPW occorrerebbe considerare al posto della singola onda piana {$e^{i\mbox{\it\bf k}\cdot\mbox{\it\bf r}}$} una combinazione di onde piane che soddisfi il teorema di Bloch, {$\sum_{\mbox{\it\bf G}}\, b_{\mbox{\it\bf G}} \, e^{i(\mbox{\it\bf k}+\mbox{\it\bf G})\cdot\mbox{\it\bf r}}$}; noi ci limitiamo ad una sola di queste per evidenziare i tratti salienti del modello.

Il terzo membro definisce i coefficienti {$a^v_n$}; la condizione di ortogonalità con qualsiasi {$\psi_{\mbox{\it\bf k}^\prime n^\prime}$} si verifica direttamente dall'espressione intermedia[1]

Supponiamo che la OPW dell'equazione 39 sia autofunzione dell'hamiltoniana {${\cal H}=-\frac {p^2} {2m}+{\cal V}$}, con autovalore {$\varepsilon^v_{\mbox{\it\bf k}}$}.

{$ \qquad\qquad {\cal H} \,\left[e^{i\mbox{\it\bf k}\cdot\mbox{\it\bf r}}-\sum_n a^v_n \psi_{\mbox{\it\bf k} n}(\mbox{\it\bf r}) \right] = \varepsilon^v_{\mbox{\it\bf k}} \,\left[e^{i\mbox{\it\bf k}\cdot\mbox{\it\bf r}}-\sum_n a^v_n \psi_{\mbox{\it\bf k} n}(\mbox{\it\bf r}) \right] $}

Le funzioni d'onda delle bande interne, {$\psi_{\mbox{\it\bf k} n}$}, sono anch'esse autofunzioni di {$\cal H$}, con autovalori {$\varepsilon_{\mbox{\it\bf k} n}$} (ottenuti ad es. col legame forte) ed è quindi facile calcolare a primo membro l'hamiltoniana applicata alla loro combinazione lineare, che dà {$\sum_n a^v_n \varepsilon_{\mbox{\it\bf k} n} \psi_{\mbox{\it\bf k} n}$}; per di più anche queste funzioni di bande interne devono essere onde di Bloch, esprimibili (equazione 20) come prodotto dell'onda piana {$e^{i\mbox{\it\bf k}\cdot\mbox{\it\bf r}}$} per una funzione periodica {$u_{\mbox{\it\bf k} n}(\mbox{\it\bf r})$}. Di conseguenza l'equazione di Schödinger si può riscrivere mettendo in evidenza l'onda piana {$\mbox{\it\bf k}$} in entrambi i membri

{$ (40)\qquad\qquad [{\cal H}+\sum_n a^v_n (\varepsilon^v_{\mbox{\it\bf k}}- \varepsilon_{\mbox{\it\bf k} n})u_{\mbox{\it\bf k} n}] \,e^{i\mbox{\it\bf k}\cdot\mbox{\it\bf r}} = \varepsilon^v_{\mbox{\it\bf k}} e^{i\mbox{\it\bf k}\cdot\mbox{\it\bf r}} .$}

Esaminiamo questa equazione: essa può essere vista come l'equazione di Schrödinger per l'onda piana {$e^{i\mbox{\it\bf k}\cdot\mbox{\it\bf r}}$}, soggetta ad un potenziale

{$ (41) \qquad\qquad V_{pseudo}={\cal V} + \sum_n a^v_n (\varepsilon^v_{\mbox{\it\bf k}} - \varepsilon_{\mbox{\it\bf k} n})u_{\mbox{\it\bf k} n} ,$}

che ribattezziamo pseudopotenziale. Lo pseudopotenziale dipende dai coefficienti {$a_n^v$} e quindi non è il vero potenziale, che deve essere il medesimo per tutte le autofunzioni della banda. In effetti l'equazione 40 è stata ricavata a partire da una specifica funzione di valenza {$\psi^v_{\mbox{\it\bf k}}$} ed ha significato fisico solo per la corrispondente onda piana (o combinazione di onde piane[1]); le altre autofunzioni dell'hamiltoniana con lo pseudopotenziale, che non sono in genere onde piane, non rappresentano affatto stati di valenza. In compenso lo pseudopotenziale è più debole del potenziale originario: infatti il secondo termine della equazione 41 risulta positivo ({$\varepsilon^v_{\mbox{\it\bf k}}$} è un livello di valenza, mentre {$\varepsilon_{\mbox{\it\bf k} n}$} sono livelli interni), cioè di segno opposto a {${\cal V}$}.

Come si è anticipato il metodo non è che una riformulazione dell'approccio OPW nei termini delle onde piane. Esso suggerisce che per ogni particolare punto {$\mbox{\it\bf k}$} della zona di Brillouin ci si può ridurre a considerare un'onda piana, o una combinazione di alcune onde piane, soggette ad un debole potenziale periodico. Si tratta evidentemente di una notevole semplificazione; la sfrutteremo con il modello dell'elettrone quasi libero nel prossimo paragrafo.

Prima di concludere notiamo che lo sviluppo sempre più rapido della potenza di calcolo elettronico ha modificato sia l'approccio, sia lo scopo dei modelli di bande dei solidi. Non si tratta più di affrontare modelli semplici, risolvibili analiticamente, per mostrare andamenti puramente qualitativi, come stiamo facendo a scopo didattico in queste pagine. Il calcolo per approssimazioni successive, l'utilizzo di tecniche iterative o addirittura la simulazione col metodo Montecarlo (che consiste, ad esempio, nel calcolare la dinamica di un insieme di particelle facendole evolvere nel tempo da condizioni iniziali sorteggiate a caso, e comporta una mole di conti improponibile senza calcolatori veloci) consentono di ricavare risultati numerici anche da modelli complessi. Inoltre in alcuni casi (come per i semiconduttori e le loro superstrutture, ottenute depositando successivamente strati atomici di differenti composti) si può procedere a modellizzazioni sufficientemente precise da guidare un opera di sartoria (in inglese tayloring): siccome le tecniche sperimentali permettono di controllare la struttura dei materiali su scala atomica e di misurarne con precisione le proprietà, calcoli a bande affidabili consentono di progettare nuove strutture.


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