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Dispense


Stato Solido

Capitoli:

  1. Proprietà generali dei solidi
  2. La struttura periodica
  3. Il reticolo reciproco
  4. Diffrazione
  5. Gli elettroni nei cristalli
  6. Metalli?
  7. Semiconduttori?
  8. Dinamica reticolare?
  9. Proprietà termiche dei cristalli?
  10. Proprietà ottiche?
  11. Proprietà magnetiche?
  12. Superconduttività?

Appendici

  1. Matematica?
  2. Elettromagnetismo?
  3. Meccanica quantistica?

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Diffrazione

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Come si è detto la radiazione elettromagnetica di lunghezza d'onda confrontabile con il passo del reticolo cristallino, che ha valori tipici di alcuni Ångström, produce effetti di interferenza attraversando un cristallo, anche se la natura tridimensionale dell'oggetto determina una immagine di diffrazione più complessa di quella dei reticoli essenzialmente monodimensionali che si considerano nell'ottica elementare (i cosiddetti reticoli di Ronchi). L'energia della radiazione, per {$\lambda\approx 1$} Å-1, deve essere {$h\nu=hc/\lambda\approx 10$} keV e quindi l'intervallo spettrale che consente di osservare questo fenomeno è quello dei raggi X AtomiEMolecole.SpettriX?.

Come sappiamo dalla meccanica quantistica anche le particelle - gli elettroni ed i neutroni, ad esempio - danno luogo a fenomeni d'interferenza equivalenti. Sia gli elettroni e i neutroni, sia i fotoni hanno una natura dualistica di onda e corpuscolo e la diffrazione ne mette in evidenza il primo aspetto.

Nel caso di elettroni e neutroni la lunghezza d'onda {$\lambda$} da confrontare col passo reticolare è quella di De Broglie, connessa all'energia cinetica della particella:

{$ (13)\qquad\qquad E=\frac {\hbar^2 k^2} {2m}=\frac {h^2} {2m\lambda^2} $},

così che gli elettroni (per {$\lambda\approx 1$} Å-1 devono avere energie cinetiche dell'ordine di 10 eV, corrispondenti a temperature {$T=\frac E {k_B} \approx 10^5$} K, mentre i neutroni devono avere energie cinetiche di alcuni meV, ossia temperature dell'ordine della temperatura ambiente. Nel caso specifico dei neutroni queste temperature hanno un immediato significato pratico: se la sorgente dei neutroni, ad esempio un reattore, ne fornisce uno spettro distribuito su diversi ordini di grandezza in energia, si può ridurre l'energia media a qualche meV facendo passare i neutroni attraverso materiali debolmente assorbenti e termostatati alla temperatura (ovvero all'energia cinetica media) prescelta.

Le diverse scale di energia che caratterizzano fotoni, elettroni e neutroni di lunghezza d'onda di qualche Å-1 saranno particolarmente rilevanti quando non considereremo più solo la diffusione elastica, ma anche la possibilità di cessione o assorbimento di energia durante il processo di diffusione (diffusione anelastica); come vedremo questo secondo genere di esperimento, in cui si cerca anche di misurare l'energia del fascio incidente e diffuso, fornisce un potentissimo strumento di indagine sugli stati eccitati di un cristallo.

La diffusione della radiazione elettromagnetica, degli elettroni e dei neutroni è dovuta ad una interazione con la materia, che è differente per ciascuna delle tre sonde citate.

Gli elettroni sono soggetti alla stesso potenziale periodico di origine coulombiana a cui sono sottoposti anche gli elettroni interni del materiale. La loro interazione con la distribuzione di carica presente nel materiale è assai intensa e la loro penetrazione è limitata a pochi strati atomici, così che essi sono utilizzati prevalentemente in riflessione[1].

(↓)

Note

[1] Per lo stesso motivo particelle cariche più pesanti - protoni, particelle {$\alpha$} - interagiscono troppo con la materia, alle bassissime energie imposte dalla condizione {$\lambda\approx 1$} Å-1. Bassa energia cinetica significa localizzazione: se nel materiale sono presenti buche di potenziale di profondità comparabile all'energia cinetica delle particelle, queste vengono intrappolate. Si possono invece impiegare fasci di atomi neutri per diffrazione da superfici.

La tecnica principale è conosciuta col nome di LEED (Low Energy Electron Diffraction) ed è utilizzata per esplorare le superfici. La microscopia elettronica in trasmissione (TEM è l'acronimo inglese), impiegata su strati ultrasottili, fornisce invece usualmente immagini dirette.

I raggi X sono prodotti in laboratorio dal bombardamento di un anodo metallico con elettroni veloci, ma si ottengono anche in fasci molto intensi dalla radiazione di sincrotrone.

La loro interazione con la materia è dovuta al momento di dipolo per unità di volume indotto dal campo elettrico dell'onda incidente, ossia alla polarizzazione del cristallo, che è proporzionale alla densità di carica elettronica {$n(\mbox{\it\bf r})$}, centrata sui siti atomici e ripetuta con la periodicità del reticolo. I raggi X hanno lunghezze di penetrazione intermedie, rispetto ad elettroni e neutroni, tipicamente di alcuni micron (a patto che il valore della loro energia non coincida con transizioni di shell elettroniche interne di qualche atomo del bersaglio, nel qual caso si ha assorbimento risonante).

I neutroni vengono generati nei reattori nucleari o sono prodotti per urto (spallazione) da un fascio di protoni energetici inviati su di un bersaglio di un elemento pesante; essi subiscono interazioni più modeste, di intensità variabili grandemente da nucleo a nucleo: le lunghezze di penetrazione vanno da qualche decimo di millimetro nei materiali idrogenati a qualche decina di centimetri nella grafite (trascuriamo anche qui, s'intende, l'assorbimento risonante, possibile ad esempio nel caso del litio, del cadmio e del bario). I neutroni sono composti da tre quark, che formano uno stato legato di spin totale {$\frac 1 2$} e di momento magnetico -1,9 magnetoni nucleari, ma con carica complessiva nulla; non sono quindi soggetti alla forza di Coulomb, ma tra di essi ed i nuclei si esercita l'interazione forte. Siccome quest'ultima è a corto raggio i neutroni vedono un potenziale molto localizzato (efficace per {$r\approx r_N \approx 10^{-15}$}) m, ripetuto anch'esso con la periodicità del reticolo.

Inoltre i neutroni interagiscono attraverso il loro dipolo magnetico con la densità di spin elettronico, la cui estensione spaziale è confrontabile (ma non identica) alla densità di carica {$n\mbox{\it\bf r}()$} che agisce sui raggi X. Quest'ultima interazione, paragonabile in intensità a quella nucleare, è mediamente nulla se gli elettroni del materiale non sono polarizzati (dia e paramagneti in assenza di campo), ma diviene apprezzabile nei materiali magnetici ordinati (ferromagneti, antiferromagneti, etc.).

William H. Bragg (1862 - 1942)]]

Un aspetto pratico comune a tutte le tecniche diffrattive è che si effettuano su campioni, o porzioni di campione, sufficientemente sottili da rendere piccola la sezione d'urto, ossia la probabilità di interazione della sonda col cristallo. In questo modo la probabilità di un secondo evento di diffusione (nel caso delle particelle di un urto doppio) è trascurabile. In queste condizioni - se si fa riferimento all'esperimento più semplice, in cui un fascio monocromatico collimato incide su monocristallo - appaiono i picchi di Bragg, ossia pochi fasci stretti diffratti in ben precise direzioni. Su una lastra fotografica che circonda il campione in corrispondenza di queste direzioni rimangono impressionate le macchie di Laue,

mostrate in figura 16; questa tecnica è utilizzata ad esempio con i raggi X, per ricavare l'orientazione dei monocristalli.

Fig. 16 Schizzo dell'immagine ottenuta da Laue nel 1912 con raggi X su di un cristallo di solfato di rame.

Per giustificare questo fenomeno non occorre conoscere in dettaglio le interazioni di cui abbiamo discusso prima; dalla forma del potenziale d'interazione deriva l'andamento delle ampiezze di diffusione ai diversi angoli, o addirittura la probabilità di urti anelastici, ma la comparsa dei picchi di Bragg discende semplicemente dalla geometria del cristallo.


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